Ieri ci ha lasciato il Vescovo Luciano Giovannetti, per tanti anni alla guida della Diocesi di Fiesole. Una figura fondamentale nel cammino di Romena.
Il ricordo di Massimo Orlandi…

“Padre Luciano,
non sarebbe mai stato abbastanza, il tempo. Però è passato, gentilmente.
Ora è l’unica cosa che non possediamo più, con te.
Ci resta molto altro. Ci resta il tuo sguardo amoroso, su di noi. La tua eredità”.
Cominciava così una lettera aperta che pubblicai sul nostro ‘giornalino’ al momento in cui si concluse il mandato del Vescovo Luciano Giovannetti alla guida della Diocesi di Fiesole.
Con questa lettera, che più sotto pubblico integralmente, vorrei salutarlo, all’indomani della sua scomparsa, avvenuta ieri, ad Arezzo.
Padre Luciano è stato una pietra angolare nel cammino di Romena. Come responsabile della nostra Diocesi di Fiesole, ha accompagnato tanta parte del nostro cammino. E’ stato un padre saggio per don Luigi, una grande guida per tutti noi, una pietra angolare nel cammino della Fraternità.
Averebbe compiuto 90 anni a breve, ma la ricorrenza cui teneva forse ancora di più era quella di ieri, proprio il giorno della sua morte. Quel giorno di 80 anni fa infatti, i suoi occhi bambini avevano assistito all’eccidio nazista di Civitella in Val di Chiana.
In quella situazione terribile, in cui era riuscito a salvarsi ma aveva visto troppa gente morire, a partire dal suo sacerdote che si era immolato invano per salvare l’intera comunità, aveva percepito il senso che avrebbe voluto dare alla sua vita: offrirla alla causa di un Dio della pace e dell’amore.
Il seme della sua missione cristiana, piantato sul terreno di quella tragedia, avrebbe dato tanti frutti. Romena è uno di questi.
E’ incredibile che la sua partenza dalla vita terrena sia coincisa proprio con quel giorno, 80 anni dopo. Come se la sua vita avesse percorso tutta la sua parabola umana, riabbracciando idealmente tutto il cammino della sua vocazione.
Questa circostanza alleggerisce il pensiero della sua partenza; il vuoto che lascia è immenso: lo compensa la sua meravigliosa eredità.
“Padre Luciano, non sarebbe mai stato abbastanza, il tempo. Però è passato, gentilmente.
Ora è l’unica cosa che non possediamo più, con te.
Ci resta molto altro. Ci resta il tuo sguardo amoroso, su di noi. La tua eredità.
Padre, ti chiamo, non eccellenza. Padre, che è molto di più.
Non tutti sanno quanto la nostra storia di fraternità sia legata a te. E non per benevolenza o simpatia: semplicemente per un soffio. Il soffio dello Spirito che hai lasciato libero di accompagnarci.
Tu c’eri sin dalla notte in cui questa storia fu concepita. C’eri quella notte in cui a Gigi non veniva il pianto per quell’irrequietezza che non trovava strada. C’eri. E il pianto ce lo mettesti tu.
Hai accompagnato il nostro cammino guardandoci a distanza, ma mai da lontano. Non ci hai mai fatto sentire la presunzione di un giudizio senza appello. Ogni volta che ti parlavamo, però, ci veniva la voglia di fare un po’ di più, e di farlo meglio.
“La burocrazia non soffochi mai le indiscipline dello Spirito Santo” scriveva l’Abbé Pierre.
Non ci hai mai soffocato, non sei mai stato burocrazia. La tua presenza era quella di un’autorità che esiste non per contenere ma per consentire di esprimere.
Hai avuto tanti figli, come noi, diversi da noi, e tutti prediletti: la chiesa, mi hai detto più di una volta, è nella varietà delle sue forme.
Padre Luciano,
scrivo queste parole con libertà, le aspetto, mentre il cuore le detta.
Presto, il lunedì di Pasqua, ti saluteremo come ogni anno dei nostri 19.
Ricordo le prime volte, quando venivi e la fraternità era ancora un progetto in costruzione. Ci aspettavamo da te parole di incoraggiamento, di apprezzamento. E tu, invece, zitto. Ora posso confessarti che quel silenzio un po’ ci turbava. Ma sarà contento di noi?
Poi abbiamo capito: in quella fase di inizio sentirci un po’ inappagati ci faceva bene, ci irrobustiva, moltiplicava le nostre energie.
Quando, dopo una decina di anni, abbiamo cominciato a renderci consapevoli del nostro cammino, quel silenzio si è subito interrotto.
A quel punto anche noi siamo riusciti a fare qualcosa per te: abbiamo imparato ad aprire la porta della tua riservatezza. Ed è stato così bello che ora ci viene spontaneo giocare insieme.
Il gioco è la nostra più grande forma di intimità. Ora basta, mi dici. Hai ragione padre Luciano, ora basta.
Volino alto in cielo i colori del nostro amore per te. Si diffonda la gioia perché ci sei stato.
Perché ci sei.
E se qualche volta vorrai risentire il nostro saluto ricorda che la parola che abbiamo scelto non è “grazie”. No, il nostro saluto è “ancora, per sempre, con noi”.