Abbi cura…
Di me che arranco a far passare le giornate e di me che m’invento di tutto tra faccende e prove. Di me che sono assorbito dai figli, che sto imparando a godermi ritmi lenti e di me che posso dedicarmi alle mie passioni. Di me che mi son precipitato a dar una mano agli altri e di me che la tengo stretta nei guanti.
Di me che ho sempre fatto di tutto pur di star fuori casa, di me che già prima me ne stavo rintanato e di me che neanche prima avevo una casa. Di me che mi gusto calma, dialogo e risate e di me che non so neanche da dove cominciare, che non trovo angolo tranquillo in quella strettoia.
Abbi cura di me che non posso smettere di lavorare, di me che oggi un lavoro ho speranze di trovarlo meno di prima. Di me che ce l’ho volatile o sospeso, di me che mi riempie la casa e di me che posso lasciarlo un po’ fuori. Di me che chiudo il negozio col rischio di non riaprire e di me che tengo aperta la ditta ma non posso proteggerli tutti.
Di me che devo prendere decisioni per il paese e di me che giudico ogni scelta presa. Di me che m’immergo in studi, dibattiti o proposte intriganti riempiendomi l’agenda per far fruttar questo tempo. Di me che smanetto su internet per mantener legami o tenermi al passo con la scuola, di me che quel passo non l’ho mai preso e ora mi sento più perso senza chi mi butta una corda viva.
Per questo abbi cura di me, tu che riesci a galleggiare e anche a surfare. Tu che non riesci a immaginare cosa significhi stare sotto il collo di bottiglia o proprio sprofondare. Abbi cura di me, di me che sono in te che hai e fai tanto, ma sotto la crosta anche tu puoi scoprirti a un soffio dallo schianto.
E abbi cura di me, che sono chiuso tra le mie mura per aver fatto un pericoloso contatto. Di me che la febbre mi è compagna e di me che devo stare lontano dalla mia compagna o dai miei figli.
Di me che invece mi han portato tra le pareti bianche perché ho smesso di stare bene, di me che ci sto da un po’ e mi sento finalmente meglio. Di me che ho superato quella soglia, di reparto e dentro il corpo, dove si offuscano i bordi della presenza.
Di me che sono appena uscito dalle sirene, di me che ho un caro che ci sta entrando. Di me che sono terrorizzato che capiti a me o ai miei, di me che ho paura ma faccio lo spavaldo. Di me che non ho potuto dargli l’ultima carezza e neanche quel dignitoso tempo sacro.
Abbi cura di me, soprattutto di me che sono intubato o al limite dei miei giorni. Di me che vorrei sentire un contatto di pelle in questo letto anonimo con facce coperte intorno. Un contatto di pelle familiare, uno sguardo anche smarrito di tenerezza.
Ne avrei tanto bisogno, in questo tempo d’angoscia e di sonno puntinato di incubi o di ricordi che disegnano i giorni d’una realtà irreale. Forse è anche un tempo di profumi e suoni d’altre dimensioni, di immagini che rapiscono stupende.
Però, tra il baratro e i bagliori, abbi cura della mia anima che non so più dov’è e dove andrà, se potrà ancora toccare o scoprirà di poter vedere in altro modo. Tra il nulla e l’essere, una vita che bacia la morte, una morte che bacia la Vita.
Attendo parole che possano riportarmi a riva quando mi agito, nel caso alla Riva. Che possano gettare fiori sugli ultimi passi, lasciarmi andare la mano tenendomi stretto al cuore, spostare il peso dal vissuto al centro dell’Oltre… O anche parole che rispolverino i miei affetti, i miei sogni e i miei percorsi, le mie battaglie, le mie gioie e le mie ferite.
Abbi cura, ma tanta, di me che posso dare quello contatto e quello sguardo nel girone di questi giorni deliranti, eppure ne ho bisogno io per primo! Di me che per loro ho un volto preciso, anzi l’unico che nei momenti peggiori può dar speranza o accompagnar il grosso salto. Abbi cura di tutte quelle nostre mani affaccendate instancabilmente nel soffiare ancora aria nei toraci o sottrarre scampoli alla morte. Di me che non posso invocare lo stop del lavoro per tutelarmi. Perché sono in trincea, devo trottare per tutti prendendo le distanze anche da chi a casa può sciogliermi, almeno per quel giorno, l’ingorgo degli occhi stracolmi di strazio.
E non dimenticare di aver cura anche di me che lascio tanto spazio alle goliardate o a ogni tipo d’evasione domestica che filtrano folate di leggerezza e di me che digerisco solo quelle perché altrimenti il mio cuore non reggerebbe il tonfo del resto. Anche di me che non so rinunciare ai ritrovi furtivi, che mi vedete col fumo negli occhi ma forse non ho nessuno che mi aiuti a comprendere o se li spalanco davvero mi crolla il mio piccolo mondo puntellato. E anche di me che per non soffocare i miei giorni ho bisogno di attimi di cielo solcato, perché anch’io soffro e rischio tanto, anche se non di far parte di quella lugubre lista.
Anche di me che la spinta ribelle mi sale forte o di me che il senso critico mi spinge a veder storture programmate e a far azioni non convenzionate. E tanto anche di me che per gola o riscatto approfitto del disastro con imbrogli senza alcun tatto e di me che mi batto perché la comunità sia attenta a ogni battito.
Anche di me che leggo i numeri dati come semplici cifre senza sentire quanto è drammatico per chi è coinvolto. E di me che cerco di comprendere tutti senza farlo con me o di me che sto ligio alle regole ma addito tutti.
Abbi cura di te quando esci o scalpiti per uscire, così puoi aver cura anche di me che ti abito vicino, che sono di una certa età, che ho già i miei malanni.
Abbi cura di me!
A te che sei lontano, ma nello stesso tempo dentro a tutto questo, chiedo vicinanza, con una preghiera, un pensiero sentito, un abbraccio che fai a te stesso per farlo arrivare a me e a tutti.
Sì a tutti e a te, come scossa senza fine. A te perché in tutte queste storie ci sei anche tu che ti riconosci o forse non sai ancora di essere ogni spigolo umano. A tutti, nel cerchio dell’uragano italiano, nel perno del mondo, in tutti i suoi raggi. Come la vibrazione del sassolino lanciato nell’oceano, che sa arrivare dovunque, fino a toccare tutti i continenti. Ciascuno incasinato e affannato, scosso e devastato da piaghe simili o diverse.
Abbi cura di me vale per tutte e per tutti. Se lo facciamo l’uno con l’altro diventa un grande
ABBIAMO CURA DI NOI!
Ci mettiamo le nostre lacrime, le nostre riflessioni e le nostre commozioni. La nostra anima insieme alle altre, l’umanità più bella nell’Amore!!
Immagina se cominciassimo a volare tra le montagne e il mare
Dimmi dove vorresti andare
E abbracciami che, nonostante tutto, noi siamo ancora insieme…
Abbi cura di me che tutto è così fragile…
Monica