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#Preghiere

di José Tolentino Mendonça

Un cammino di riflessioni, preghiere, piccoli spunti per dare ossigeno al quotidiano e riempire la giornata di bellezza e di profondità. Un piccolo, importante spazio, riempito dalla voce poetica dello scrittore e teologo portoghese.

Pregare la missione che è la gioia

Insegnaci, Signore, a conservare e a moltiplicare la gioia intorno a noi, assumendo questa cura nella nostra vita quotidiana come una missione che ci appartiene.

Insegnaci che c’è un legame profondo tra gratitudine e gioia, perché solo un cuore che sa ringraziare è capace di individuare nelle piccole e grandi cose della vita mille motivi in cui la gioia scintilla (o può scintillare) vibrante.

Insegnaci, Signore, che la gioia inizia quasi sempre nello sguardo. Infatti, uno sguardo empatico percepisce chiaramente le possibilità che una visione parziale o prevenuta non conosce.

Insegnaci che la scienza della gioia è alla nostra portata anche quando l’idea di un sorriso sembra totalmente inaccessibile.

Insegnaci che la gioia ci chiede semplicità e apertura di cuore, proprio questo, come un miracolo che avviene senza bisogno di risorse stravaganti.

Insegnaci che la gioia scoppia senza che noi sappiamo come, e anche questo è giusto.

Insegnaci, Signore, a lodare e non solo a criticare; a sollevare e non solo a indurire; a incoraggiare e non solo a reprimere; a condividere e non solo a pretendere; a riascoltare anche quando siamo convinti di sapere già.

Quando senti la tua piccolezza come un ostacolo e ti rendi conto dopo tutto che la vita ti sta lasciando le mani sempre più vuote, ricorda che il Signore ha detto: beati i poveri, perché a coloro che non hanno nulla appartiene il regno dei cieli. Quando il peso delle tue lacrime ti fa male come una domanda senza risposta o non credi che dopo la notte il nuovo giorno sorgerà anche per te, ricorda che il Signore ha detto: beati coloro che piangono, perché saranno consolati.

Quando ripagare il male con il male ti appare come una via possibile o sei più incline all’intransigenza e alla severità che al dialogo, ricorda che il Signore ha detto: beati i miti, perché erediteranno la terra. Quando sei chiamato a dare (sia i tuoi beni che il tuo perdono) e cadi nell’errore di chiudere il tuo cuore invece di aprirlo, ricorda che il Signore ha detto: beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia.

Quando, per non apparire ingenuo, ti lasci contaminare dal calcolo, dal controllo o dal cinismo, ricorda che il Signore ha detto: beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Quando ti sentirai soddisfatto di appartenere a quel numero privilegiato che possiede l’essenziale e ne ha ancora abbastanza, ricorda che il Signore ha detto: beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Quando ti lasci dominare dalla logica del conflitto e per tutto e per niente armi il tuo cuore in fretta, ricorda che il Signore ha detto: beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Quando il prezzo da pagare per la verità dell’amore ti sembra duro e alto, ricorda che il Signore ha detto: beati quelli che soffrono persecuzione per amore della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Pregare le Beatitudini oggi

La speranza

Insegnaci, Signore, a non rinunciare alla speranza, perché la speranza ci permette di allargare il nostro sguardo sulla realtà e apre il nostro cuore in un modo che certamente non potremmo fare senza di essa.

Insegnaci, Signore, a non frenare la speranza, anche quando ci sembra la ragione più fragile. In questo modo anche noi impariamo che il suo fondamento non nasce da ciò che già possediamo, ma da ciò che ci aspettiamo dalle tue mani.

Insegnaci, Signore, a non frenare la speranza, anche quando tutto, dentro e fuori di noi, sembra pronto a contraddirla. Non permettere, per esempio, che la stanchezza, la delusione o la violenza sopraffacciano il paziente fare e rinnovare della speranza nella nostra quotidiana marcia.Insegnaci, Signore, a non frenare la speranza. Sarebbe come bloccare l’alba e lasciare che solo la notte si allunghi. Sarebbe deviare il solco dell’acqua e far crescere il deserto. Sarebbe condannarci al ronzio permanente della solitudine.

Insegnaci, Signore, a non frenare la speranza. Incoraggiaci a riprendere i verbi che abbiamo iniziato e che per qualche motivo abbiamo interrotto. Che dopo aver iniziato possiamo sempre ricominciare. Che dopo che abbiamo fatto possiamo rifare di nuovo. Che dopo aver trovato in un certo modo, possiamo mantenere la disponibilità a trovare in un altro.

Insegnaci, Signore, ad essere come te e a non frenare la speranza in nessun momento, perché senza di essa non sapremmo cosa significa esistere.

Pregare per la gentilezza

Insegnaci, Signore, cosa significa la gentilezza, quel modo affettuoso di trattare la realtà e le relazioni. Insegnaci a non fare del risentimento, della sfiducia o dell’indifferenzail motivo della vita, ma piuttosto ad attivare una capacità concreta di empatia con il nostro prossimo, sia nelle cose grandi che in quelle che ci sembrano semplici dettagli.

Insegnaci a metterci al posto degli altri, a chiederci più spesso cosa sentono, di cosa hanno bisogno, qual è la loro ferita e il loro sogno,quale speranza sepolta o infranta li ferisce ancora, quale desiderio potrebbe sollevare il loro spirito o accendere il loro sorriso. Insegnaci, Signore, a sentirci responsabili ogni giorno di quel sorriso. Insegnaci che amare non basta: dobbiamo farlo con eleganza. Che dare per il gusto di dare non è sufficiente: deve essere fatto con delicatezza. Che rivendicare tutto come un diritto non è saggio: piuttosto, dobbiamo imparare a praticare con maggiore impegno l’arte della gratitudine.

Insegnaci, Signore, quella purezza di cuore che ci permette di guardare l’altro senza pregiudizi, con vera disponibilità all’ascolto e alla comprensione. Insegnaci, Dio gentile, a costruire presenze che non soffocano, conversazioni che non occupano inutilmente, doni che non trattengono, ma a mettere l’altro al centro, scegliendo per noi stessi quel nascondimento di chi sa che la vera gioia è servire.

Disarmare il cuore

Insegnaci, Signore, a disarmare i nostri cuori, moltiplicando i gesti di non aggressione e di rispetto della dignità di tutti. Insegnaci, Signore, ogni giorno a disattivare i semi e le ragioni della violenza, dentro e fuori di noi.

Ricordaci che la pace è un mestiere paziente e spesso nascosto, ma che da essa dipende il futuro del mondo. Mostraci come stare incondizionatamente accanto alle vittime, nell’aiuto ai perseguitati, alle frontiere dove arrivano i rifugiati (che, se apriamo gli occhi, capiremo che è proprio accanto a noi), nel servizio umano a chi vive il dramma della guerra o lotta impotente con sofferenze superiori alle sue forze.

Aiutaci a passare dall’informazione all’azione; a superare la passività della paura con l’audacia dell’impegno generoso; ad aprire con zelo profetico le porte del nostro cuore, lo spazio della nostra famiglia, la condivisione delle parole e dei beni. Disarmaci, Signore, da questo sentimento di impotenza che ci blocca, perché tutti possiamo fare qualcosa, a cominciare dalla preghiera.

Spirito Santo vieni

Spirito Santo di Dio, soffio della nuova creazione:
Tu rinnovi la vita in noi
Tu curi e ripari i nostri sogni feriti
Tu salvi i nostri occhi dai sentieri senza uscita.
Tu decostruisci i vortici delle nostre paure dissipi il pessimismo e la solitudine in cui ci imprigioniamo.Nella profondità del nostro cuore insicuro illumini la certezza dell’amore incondizionato che Dio ha per noi. Ogni giorno, tu insegni alle nostre mani indecise l’arte e l’entusiasmo del dono.

Tu ci prepari ad essere artigiani della pace e ci mostri come tenere fermo il fragile filo della speranza. Tu animi con la tua danza i quadranti della nostra anima e decifri la preghiera che il nostro silenzio mormora.

Il turbine della vita

Insegnaci, Signore, ad accogliere la vita nel suo vortice incalcolabile, che è allo stesso tempo abbagliante e difficile. Insegnaci ad abbracciare la sua materia contraddittoria, perché mescola il flessibile e l’inflessibile, il leggero e il pesante, il solare e il crepuscolare. E la verità è che siamo chiamati ad abbracciare tutto questo. Insegnaci la saggezza di vedere ogni situazione come un cammino, sia che si tratti della limpida chiarezza in certe stagioni, sia che si tratti della penombra di ciò che non comprendiamo o accettiamo a caro prezzo. Insegnaci a dirigere a te i nostri successi, i passi che sentiamo determinati e fermi, ma anche le nostre mappe vacillanti ed erratiche, la geografia delle nostre trame sofferenti, piene di esitazioni, omissioni, avanzamenti e ritiri, incoerenze e sensi di colpa. Insegnaci a non perdere la speranza di fronte alla vulnerabilità che riconosciamo in noi stessi e negli altri. Che sappiamo guardare con i tuoi occhi, Signore, che sanno vedere oltre le apparenze e l’orizzonte immediato; che sanno trasformare, per esempio, le nostre ferite in processi di maturazione e di incontro. Insegnaci ad aspettare, come la terra secca aspetta la pioggia, come la notte densa aspetta l’alba, o come il silenzio aspetta la parola che finalmente rivelerà il suo significato. Che possiamo imparare a riconoscere i tuoi passi, Signore, e a sentire il tuo prossimo nel vuoto e nella presenza, nella desolazione che minaccia e nella fiducia che conferma e rafforza.

I nostri nuovi inizi

Signore, che possiamo veramente accogliere in noi la sfida di ricominciare.
Aiutaci a non guardare solo a ciò che abbiamo già raggiunto, come se ciò che è conservato nei granai potesse sostituire la chiamata a seminare nei campi aperti.
Aiutaci a non guardare il tempo (certamente con le sue lotte, con il dislocamento e il supplemento d’anima che ci chiede) come se fosse una minaccia.
Aiutaci a non rimanere fermi nell’immagine di ieri, per quanto comodo possa essere. Aiutaci a non fare della nostra insicurezza una scusa per non provare, o a fare della consapevolezza della nostra fragilità una scusa per non andare avanti.

Che possiamo ritrovarti, Signore, oltre il circuito della nostra routine.
Che possiamo ritrovarti nel nuovo, in ciò che ci arriva attraverso l’inaspettato e il diverso, in ciò che sentiamo e sperimentiamo ora per la prima volta.
Che possiamo riscoprirti in ciò che non sappiamo e dobbiamo ancora imparare; in ciò che comincia a prendere forma e in cui ci sentiamo principianti; nella gioia e nel dolore sorprendenti che tutte le nostre nascite rappresentano.
Che possiamo ritrovarti nell’esperienza aurorale della vita, nel lavoro nascosto e affascinante del suo germogliare che ci supera, in ciò che sta appena emergendo e che guardiamo senza certezza, in ciò che non cerchiamo ma che ci viene incontro.
Che possiamo incontrarti di nuovo nell’imperativo che viene da tanti luoghi e ci dice: “Ricomincia”.

Pregare lo sguardo

Insegnaci, Signore, a passare da un’osservazione rapida e superficiale della vita a quella forma di attenzione che è già di per sé una pratica di ospitalità e di rispetto, e rende possibile un’etica della relazione.
Insegnaci a trascendere le visioni parziali, perché Tu hai creato i nostri occhi per osservare la complessità e l’interezza, che non dobbiamo temere ma imparare ad abbracciare progressivamente.
Insegnaci a mettere da parte la rigidità dello sguardo che si limita a giudicare ma non a ricostruire; che classifica rapidamente con un’etichetta invece di ascoltare profondamente; che dichiara senza speranza e perduti, quando la Tua chiamata è a cercare e a salvare.
Insegnaci la saggezza di vedere nella fragilità ciò che può essere una leva, nella sofferenza ciò che può rappresentare la forza, nelle stazioni spente della nostra traversata il luogo dove si nasconde il fuoco.
Insegna ai nostri occhi a sorprendersi dello spettacolo della vita – che è sempre nuovo per chi sa vederlo – conservando quel pizzico di innocenza che è il segreto costante della gratitudine e della gioia.
Insegnaci, Signore, a contemplare pazientemente, come un tutt’uno, il visibile e l’invisibile, il suono della parola che ascoltiamo e la musica del silenzio che ci visita, ciò che ci sembra ancora vuoto e ciò che crediamo sia già l’indiscutibile certezza di una presenza che ci accompagna e ci assicura.

Persistere nel cammino

Insegnaci, Signore, ad aprire il nostro cuore per ascoltare il tuo amore in tutte le stagioni della nostra vita, ma soprattutto in quelle che sono opache o nebbiose, come finestre colte improvvisamente dall’incertezza.

Insegnaci a rivolgerci con fiducia a Te in tutte le ore, ma specialmente in quelle che ai nostri occhi sembrano imperfette, indecise e ripetute, si direbbe quasi un ronzio indecifrabile.

Insegnaci a riconoscere la tua presenza non solo in ciò che abbiamo già toccato con le nostre mani o compreso, ma anche in ciò che a prima vista considereremmo solo un’attesa senza speranza, un silenzio che scroscia come una cortina di pioggia o un vuoto senza risposta che dentro ci sovrasta.

Insegnaci a sentire il tuo Volto non solo nella sua brillantezza e trasparenza, non solo nei mille scintillii felici che ogni estate risveglia, non solo nel profumo dorato che i sorrisi diffondono, ma anche a sentire sotto le nostre dita increduli che ferite, dubbi o impasse non ci separano da te. Insegnaci, Signore, a persistere nel nostro cammino dopo aver sperimentato il fallimento. E che possiamo ricominciare ogni giorno, rafforzati dal dono che tu incessantemente prepari per noi.

Ciò che non abbiamo raggiunto

Insegnaci, Signore, ad affidare nelle tue mani non solo le nostre vittorie gioiose, ma anche i fallimenti che ci pesano; non solo il bene che è sbocciato in noi, ma anche quello che abbiamo lasciato, in qualche momento, incompiuto.

Insegnaci, Signore, a pregare per i sentieri senza uscita dei nostri cuori, per i blocchi alla vita che scopriamo in noi stessi ogni giorno, per la resistenza all’amore e al perdono che così facilmente si trasmuta in calunnia, amarezza o lamentela.

Insegnaci, Signore, a riconoscere davanti a te la violenza che talvolta lasciamo trionfare. Insegnaci a contare la nostra aggressività, gli sciocchi trucchi difensivi che credevamo indispensabili, le chiacchiere con cui mascheravamo la nostra rigidità o indifferenza.

Insegnaci a chiedere il tuo aiuto per ciò che non siamo riusciti a realizzare: l’ascolto che non siamo riusciti a fare nella misura necessaria; la gioia che non siamo riusciti ad accendere o a condividere intorno a noi; la gentilezza che non siamo riusciti a introdurre; la compassione che non siamo riusciti a far prevalere sui giudizi.

Pregare le vacanze

Insegnaci, Signore, a fare delle nostre vacanze un momento favorevole. Che possiamo tuffarci in spiagge limpide dove il blu sembra uno ed indivisibile, ma che possiamo anche tuffarci dentro di noi alla ricerca di quell’interezza a cui tu, Signore, ci chiami.

Che possiamo avventurarci in nuove geografie, curiosi della conoscenza che ci attende in luoghi lontani, ma senza smettere di avventurarci a guardare in profondità anche ciò che è vicino e già ci appartiene.

Che possiamo camminare, Signore, attraverso le città straniere come pellegrini assetati di bellezza, sensibili alla diversità che si esprime in forme e lingue diverse, ma accettando la sfida di abitare con cuore aperto anche la nostra casa, la nostra famiglia, i nostri amici.

Che ti incontriamo, Signore, sulle cime trasparenti dei monti, nella vastità senza nome dei paesaggi, in quel silenzio d’oro ininterrotto che si respira nei boschi, ma anche sul nostro terreno quotidiano, nella vita che ci sembra ordinaria (e che, se guardiamo bene, capiremo essere sempre straordinaria),
nel grigiore indistinto dei giorni che etichettiamo come ripetuti e uguali (e che poi, in verità, non lo sono mai). Che possiamo usare il tempo delle vacanze, Signore, per prolungare il tempo: il tempo delle conversazioni, il tempo intorno alla tavola, il tempo della lettura, il tempo dedicato alla gioia, il tempo della contemplazione, il tempo della cura, il tempo vissuto in Te.

La nostra preghiera frettolosa

Ti consegno, Signore, questa mia preghiera fatta di monosillabi, di frasi rotte e piena di ellissi; questa povera preghiera, stipata tra andirivieni, sempre con il mio cuore mezzo in fuga, in questo senza tregua.

Ti affido, Signore, questa preghiera fatta più di sguardi che di discorsi, pieno di petizioni accese come un SOS, cucite insieme da frammenti, di gesti nervosi a cui non diamo il tempo necessario per crescere; questa preghiera che ti rivolgo, sperando, nonostante tutto, che diventi un legame, una corda allungata che ci leghi insieme.

Ti do, Signore, questa preghiera, scollegata come una conversazione senza un fine, questo pasto fatto solo di briciole; questa linea tratteggiata fatta solo di intenzioni rimandate; questa agitazione che tu chiami ad accettarsi e a trasformarsi in ascolto, ma che non riesco quasi mai a raggiungere.

Ti affido, Signore, questa preghiera che ripeto mentalmente, come una tabella di moltiplicazione, ma in cui non entro con quello che sono; questa preghiera, piena di formule che ricostruisco senza lasciarle fiorire ed estendere nel profondo di me stesso; questa preghiera che è formalmente corretta, ma dalla quale il corpo e la vita sono assenti.

Ti affido, Signore, questa preghiera, ancora agli inizi dopo tanti anni; esitante e zigzagante, anche se non smetti mai di essere con me; questa mia preghiera che avanza nei giorni tra ciechi inciampi, anche se mi porti tra le tue braccia.

Alla riapertura della scuola

Ora che le scuole stanno riaprendo, insegnaci Signore, il gusto di imparare e l’impegno nel conservarlo sempre, così come conserviamo gli strumenti musicali dopo aver suonato una canzone, o conserviamo l’aratro dopo aver finito di lavorare nei campi, o gli stivali dopo aver calpestato un sentiero. Infatti, il piacere di imparare non si esaurisce in un ciclo o in un viaggio, ma ci prepara allo stupore di chi si riconosce a vivere ogni volta un nuovo inizio.

Ora che le scuole riaprono, ricordaci Signore, come il nostro ascolto sia chiamato a diventare ogni giorno più profondo: ascoltiamo prima le lettere separate e solo in seguito le parole e poi i contenuti complessi; ascoltiamo i numeri e, a poco a poco, capiremo come si uniscono nella sorprendente architettura della vita.

Ora che le scuole stanno riaprendo, confermaci Signore, nella gioia di imparare con gli altri e non solo in solitudine. L’apprendimento che facciamo insieme testimonia come la vita ci chieda uno spirito collaborativo, perché è circolare e interattiva come il girotondo che si forma quando ci teniamo per mano.

Ora che le scuole riaprono, mostraci Signore, che la saggezza non si raggiunge per automatismo o per una di quelle preparazioni istantanee, ma accettando un processo di maturazione necessariamente lento, fatto di tanti materiali diversi, molti dei quali fragili, di progressi incipienti e di dolorose battute d’arresto, ma dove la certezza del tuo amore diventa chiara come un mattino illuminato dal sole.

José Tolentino de Mendonça

Dare tutto

Insegnaci, Signore, a darti tutto. Non solo le stagioni luminose con il loro entusiasmo, con la loro trasparenza immacolata, la loro luminosità, ma anche gli attraversamenti indecisi e il grigiore senza gloria che così spesso veste le ore.

Insegnaci, Signore, a darti tutto. Ciò che rispecchia l’armonia e la sua delicata perfezione e ciò che, al contrario, ci appare ancora grezzo e impreciso come uno schizzo.

Insegnaci, Signore, a darti tutto. Cosa ci dà serenità e cosa ci preoccupa. Cosa ci incoraggia e cosa ci chiude nello scoraggiamento. Cosa ci rafforza con fiducia e cosa ci abbatte continuamente.

Insegnaci, Signore, a darti tutto. I passi sicuri che facciamo e questo cammino dolorosamente incerto che afferriamo dentro di noi. La certezza che ci spinge in avanti come se ci stessimo aprendo orizzonti più ampi e la paura che ci priva del coraggio e al suo posto mette la tentazione di ritirarsi.

Insegnaci, Signore, a darti tutto. La preghiera che ci dà consolazione, che ci fa sentire la carezza nel giro del Tuo abbraccio e quella che mastichiamo in un corridoio deserto, solo come vuoto.

Insegnaci, Signore, a darti tutto senza paura e a rimanere, con la nostra povertà e la nostra verità, in te.

José Tolentino de Mendonça

Pregare per la disarmonia

Insegnaci, Signore, a contemplare la tua immensità nel piccolo spazio della vita quotidiana, comprendendo che sei presente anche se ci sentiamo impreparati, abbattuti e insignificanti, anche se nella nostra inadeguatezza possiamo solo dichiararci infinitamente poveri di fronte alla tua infinità.

Insegnaci, Signore, a camminare verso di te nell’ora in cui sembriamo più indigenti e a gettare le braccia verso di te quando ti riteniamo particolarmente lontano, misterioso e incomprensibile, perché allora sapremo che è come mendicanti e assetati che veniamo a te e che sempre per Grazia – non per merito – siamo ascoltati.

Insegnaci, Signore, la preghiera che dovremmo recitare nelle nostre stagioni disarmoniche quando nulla di ciò che viviamo avrebbe senso e come trasformare l’inarticolato disegno incapace di queste poche parole che riusciamo a gestire in un linguaggio capace di deflagrare, di rendere incandescente il silenzio, il confine e la stessa notte.

Insegnaci finalmente, Signore, a rimanere come sentinelle quando l’alba del giorno tarda ad arrivare, e ad avere la saggezza di collegarci all’incalcolabile della tua misericordia, confidando che sarà la tua misericordia a inaugurare in noi la tua incessante promessa.

(José Tolentino de Mendonça)